Descrizione
Il desiderio di raccontare Camille Claudel, non come vittima paranoica e amante abbandonata ma rendendo onore alla sua opera, e l’impegno di Carlotta Viscovo in difesa dei diritti dei lavoratori dello Spettacolo, danno vita a questo lavoro.
Camille e Carlotta, due artiste in lotta che non sanno tenere insieme le cose: l’ambizione legata alla propria arte e l’ansia di verità e di giustizia.
In scena c’è un corpo che si fa scultura e che dialoga con la scultura.
Dietro e insieme a questo, le parole e le immagini concrete e quotidiane, logiche e forti di una vita presente e passata, quella delle lotte sindacali.
Un personaggio terzo che attraversa Carlotta e Camille, che indaga qual è il rapporto tra corpo e protesta, tra la dimensione intima e il ruolo politico dell’artista, tra l’arte e il mercato, l’ambizione e l’autosabotaggio.
La parola come strumento di lotta non basta, occorre tornare al corpo.
L’errore è stato forse separare la protesta dal palcoscenico, occorre invece mettere in Arte la protesta, incarnandola.
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