Descrizione
ispirato al canovaccio Arlequin muet par crainte di Luigi Riccoboni
soggetto originale e regia Marco Zoppello
con Sara Allevi, Marie Coutance, Matteo Cremon, Anna De Franceschi, Pierdomenico Simone, Michele Mori, Stefano Rota, Maria Luisa Zaltron, Marco Zoppello
scenografia Alberto Nonnato
costumi Licia Lucchese
maschere Stefano Perocco di Meduna
co-produzione Stivalaccio Teatro, Teatro Stabile di Bolzano,
Teatro Stabile del Veneto, Teatro Stabile di Verona
Uno dei canovacci più rappresentati nella Parigi dei primi del ‘700, qui riproposto per la prima volta in epoca moderna, il Muto per spavento rappresenta un grande omaggio alla Commedia dell’Arte e all’abilità tutta italiana del fare di necessità virtù.
1716. Dopo circa quindici anni di esilio forzato, i Comici italiani tornano finalmente a essere protagonisti del teatro parigino e lo fanno con una compagnia di tutto rispetto! Luigi Riccoboni, in arte Lelio, capocomico della troupe, si circonda dei migliori interpreti dello stivale tra cui, per la prima volta in Francia, l’Arlecchino vicentino Tommaso Visentini, pronto a sostituire lo scomparso e amato Evaristo Gherardi. Ma il Visentini non parla il francese, deficit imperdonabile per il pubblico parigino. Ed è qui che emerge il genio di Riccoboni nell’inventare un originale canovaccio dove il servo bergamasco diviene muto… per spavento!
Stivalaccio Teatro porta in scena nove attori su di un canovaccio inedito, poggiandosi sull’arte attorale e quindi sugli strumenti propri del commediante dell’arte: la recitazione, il canto, la danza, il combattimento scenico, i lazzi e l’improvvisazione.
Scegliere Arlecchino oggi significa, per la compagnia vicentina che ha fatto del teatro popolare la propria bandiera, ripercorrere le orme di quel tanto amato spettacolo in maschera con il quale il maestro Strehler decise di inaugurare il proprio teatro, in quell’Italia da ricostruire del 1947.
Uno spettacolo dove gioco, invenzione, amore, paura e dramma si mescolano tra le smorfie inamovibili delle maschere. Dove gli intrecci si ingarbugliano sull’equivoco e lentamente si dipanano tra le dita dei personaggi.
Ma se queste esili trame, se questo mondo surreale e fantastico, eco lontano di uno splendore teatrale italiano, eclettico equilibrismo sul filo della storia e della tradizione, se queste eteree figure ci permetteranno di abbandonarci a una gioia senza peso e senza tempo, forse in quel preciso istante ritroveremo un briciolo di poesia.
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